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Vari studi hanno tentato di spiegare il fascino persistente di questo personaggio, il cui status iconico è evidenziato dalla proliferazione delle sue immagini all’interno dei mondi visuali, letterari e teatrali. Tuttavia, è senza dubbio la sua morte ad essere stata rappresentata più frequentemente. Significativamente, la morte di Ofelia nel testo shakespeariano viene solo riportata attraverso il discorso ecfràstico della regina, non viene “mostrata” per davvero. Gertrude racconta che la ragazza, nel tentativo di appendere coroncine di fiori al ramo di un salice piangente, cade nell’acqua e affoga. Nonostante non venga mostrata sulla scena shakespeariana, la scena dell’annegamento di Ofelia è stata riprodotta più e più volte in una varietà di modelli visivi in grado di incantare poeti, pittori e registi, la maggior parte dei quali rendono il suo corpo esanime sereno e bellissimo, circondato da ghirlande di fiori, trasformando una donna in fin di vita in arte. Probabilmente la raffigurazione più archetipica di questa morte pittoresca è il dipinto in olio su tela Ofelia del Preraffaellita John Everett Millais, presentato a Londra nel 1852, dove la ragazza, immersa nell’acqua, è circondata da piante e fiori che tiene ancora tra le dita.

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Nell’adattamento del regista britannico, il resoconto della regina dell’annegamento di Ofelia arriva alla fine del IV Atto, proprio mentre il re e Laerte, fratello di Ofelia, stanno progettando di uccidere Amleto. Branagh aderisce rigorosamente al testo shakespeariano per rappresentare il discorso del salice piangente. Si concentra su Julie Christie (Gertrude) proponendo il suo racconto come un momento lirico, una sorta di esibizione poetica che può portare lo spettatore a concentrarsi più sulla forma che sul contenuto. Al termine della scena, viene inserito un primo piano di Kate Winslet sott’acqua con braccia e occhi spalancati che richiama molto l’Ofelia di Millais. Ad eccezione di questa unica, fugace, immagine, tutto ciò che si vede della morte di Ofelia, è la regina raccontare a Laerte e Claudio come essa sia avvenuta.

La scena dei becchini che segue (V-1) sembra invece insinuare che l’annegamento non sia stato frutto di un incidente, bensì un suicidio e che, se non fosse stato per l’intervento della corona, la vittima non avrebbe nemmeno potuto beneficiare di una sepoltura cristiana. Questo non solo costringe a rivalutare l’autenticità del discorso di Gertrude circa la causa della morte di Ofelia, ma annulla lo sforzo della donna di rendere più sopportabile a Laerte una notizia così sconvolgente.

Shakespeare sembra scegliere l’ipotesi del suicidio ma lascia aperta la questione. La faccenda risulta ambigua perché non specifica se Ofelia sceglie razionalmente di uccidersi o se davvero l’instabilità mentale che la guida è radicata al punto da farla continuare a cantare mentre affoga anziché chiedere aiuto (“cantava spunti d’antiche canzoni, come incosciente della sua sciagura” IV-7, vv. 179-180). Branagh, pur attenendosi fedelmente al testo, offre comunque la sua visione dei fatti. Presenta Ofelia come una ragazza con un forte desiderio di emancipazione e che fatica ad accettare gli ordini del padre a causa della sua natura ostinata. Di conseguenza, rappresentare la sua morte come un suicidio trasmette l’idea che Ofelia si sia uccisa perché ha fallito nel tentativo di rompere le sue catene e raggiungere la libertà a cui aspirava. Paradossalmente, l’unica decisione che ha potuto prendere liberamente è la medesima che l’ha annullata per sempre.

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Al contrario, Zeffirelli ha un approccio meno tradizionale e più cospicuo rispetto a Branagh. Mentre quest’ultimo sceglie l’ipotesi del suicidio, prendendo dunque una posizione ma mantenendo l’ambiguità shakespeariana, il regista italiano opta per una soluzione radicale: nel suo film, la bella Ofelia muore a causa di un fatale incidente e niente di ciò che succede o si dice può far pensare il contrario. Per ottenere questo effetto, Zeffirelli lavora molto sul testo apportando tagli e modifiche.

Introduce il discorso del salice piangente passando dalla scena cinque dell’atto IV alla scena VII. Qui avviene la vera svolta: la rappresentazione visiva della morte di Ofelia. Il film mostra Helena Bonham Carter correre giù lungo una collina, entrare in una radura e avvicinarsi ad un salice piangente. Poi l’immagine di Ofelia scompare e la scena torna nuovamente al presente con la regina che si rivolge a Claudio e a Laerte.

Durante la scena del cimitero precedente il funerale di Ofelia, la polemica dei due becchini sulla sepoltura cristiana (V-1,vv.1-5) è completamente assente. Chiaramente, l’omissione di queste insinuazioni serve a consolidare ulteriormente la veridicità delle parole di Gertrude. Per la stessa ragione, non compare nemmeno il dialogo tra Laerte e il prete sul modo in cui viene celebrato il funerale, ritenuto poco dignitoso per la sorella (vv. 219-231). Nel testo, il prete dichiara che il rito non si sarebbe nemmeno dovuto compiere, facendo dunque capire che l’opinione diffusa è che Ofelia si sia suicidata. Di conseguenza, non riportare questa conversazione, contribuisce a non far cadere dubbi sulla morte di Ofelia. Tutte le modifiche di Zeffirelli riguardo il tema della morte di Ofelia sostengono la sua tesi e quel che avrebbe potuto far pensare il contrario viene omesso: Ofelia non si è suicidata, è stata vittima di una tragica fatalità.

Ciò che personalmente mi colpisce maggiormente riguardo al tragico destino di Ofelia, è il fatto che, mentre Amleto, seppur molto ossessionato dalla vendetta, simula tutto il tempo la sua follia, Ofelia impazzisce davvero. Nonostante il suo essere buona, innocente e obbediente al padre, persino quando le impone di respingere Amleto, per cui prova un affetto sincero, finisce paradossalmente per essere vittima. Proprio a lei spetta la fine più tragica, la decisione di togliersi la vita e di abbandonare un mondo che a sua volta l’ha respinta da tempo. L’impressione finale, è che Ofelia sia priva di una reale via di fuga; Shakespeare sembra quasi suggerire maliziosamente che forse avrebbe dovuto mostrarsi più combattiva e meno passiva: il suo essere obbediente finisce per ritorcesi contro di lei, è vittima dall’inizio dell’opera fino alla fine, lo è delle persone e dei fatti. La pazzia che si scatena in lei è il risultato di tutte le oppressioni subite nel corso del tempo, oppressioni che in qualche modo continuano anche dopo la morte: le vesti (dunque il suo essere una donna) si appesantiscono per l’acqua assorbita fino a trascinarla giù, nel fango, bloccando il suo corpo nella laguna.

La sua morte, oltre a suscitare la compassione del pubblico, serve a dare inizio a una serie di eventi in susseguirsi che rendono il suo personaggio meno periferico in quanto risulta essere parte integrante dei meccanismi della storia. L’assurdità e la contraddizione di ciò consiste proprio in questo: divenire importante solo dopo la morte. Questa idea esprime a pieno la condizione dell’esistenza di Ofelia, una donna repressa e avvilita al punto che non vede altra scelta che sparire di scena.